Il primo posto è stato assegnato all’opera “Pietra che torna” di Francesco Fossati.
L’opera “Pietra che torna” indaga il tema della roccia nel suo valore simbolico, identificativo di un territorio come il Monte Barro, riconoscendo un valore unico alla componente rocciosa del Monte.
Si approfondisce il tema dell’appartenenza al territorio, la componente rocciosa del monte diventa pietra unica e di “valore”.
Attraverso la colorazione delle pietre in oro e argento, si sottolinea la preziosità della natura, della relazione e della contaminazione tra gli elementi che la costituiscono. La pietra che risale dalla valle lavorata dall’acqua e dagli agenti atmosferici indica come in natura e nella vita in generale, i mutamenti sono un processo in continuo divenire.
Il secondo posto è stato assegnato all’opera “Tetratrovante” di Luca Zanta
Per Tetratrovante il tema è la roccia, in particolare i massi erratici o trovanti come li definì Antonio Stoppani, presenti su questa montagna. Qui si indaga la componente strutturale della roccia fino a scomporla in cristalli ed infine in atomi disposti a reticolo geometrico regolare.
La roccia si scompone rendendola vivibile, misurabile da una scala umana, creando una relazione fisica tra struttura e uomo, natura e abitante.
Come vuole la leggenda, in questi massi sono imprigionati i persecutori della Legione Tebana, inviati dall’imperatore Massimiano. Anche il Tetratrovante con la sua struttura reticolare in legno, diventa una gabbia dove ognuno può sperimentare la propria indissolubilità terrena dalla materia.
Il terzo posto è stato assegnato all’opera “Impronta” di Giulia Sorrentino e Vincenzo Cugnaschi.
Impronta pone una seria riflessione riguardo la questione ambientale. L’impronta digitale del Monte Barro ricavata dalle sue curve di livello e l’impronta digitale umana, ci raccontano di come il rapporto uomo-natura sia un legame inscindibile.
Il dialogo di queste due impronte, ci racconta anche di come ormai questo rapporto sia stato fortemente compromesso dalle attività umane degli ultimi 200 anni.
Da qui l’invito a ripensare ai nostri stili di vita per ridisegnare un’impronta ecologica che tenga conto delle limitate risorse del nostro pianeta.